Bacino Idrografico Brenta Bacchiglione

 

Il bacino idrografico del Brenta – Bacchiglione è uno dei più importanti del Veneto per l’ampiezza del territorio (5.840 Kmq, compreso la parte trentina),per il numero di abitanti interessati (1.442.000 abitanti) e per la quantità di acque che trasporta.

E’ da sempre molto temuto e oggetto di attenzione sia per la complessità del suo sistema fluviale che per i problemi che hanno interessato la sua storia: dalle numerose e disastrose alluvioni, agli eventi storici relativi alle contese del corso dei suoi fiumi.

Gli argini dei suoi fiumi inoltre sono particolarmente amati da noi e da tutti quelli che sono appassionati al tipo di ciclismo che a noi piace fare: ci sono infatti infinite possibilità di percorrerli, per fare una piacevole passeggiata in mezzo alla natura, su stradine spesso vietate al traffico automobilistico, che offrono spettacolari panorami sulla campagna veneta o sui colli Euganei e Berici.

E’ un bacino molto complesso con numerosissimi fiumi che si intersecano, si affiancano, si uniscono o si dividono e dove la pianura spesso è più bassa rispetto al letto dei fiumi.

Nel corso del tempo sono state fatte molteplici deviazioni, costruiti canali artificiali e di bonifica, sempre per cercare di controllare o prevenire le alluvioni e quindi notevoli ed interessanti sono le opere idrauliche presenti nel suo bacino: idrovore giganti, chiuse, ponti-canali ecc.

Non meno interessanti inoltre sono alcune deviazioni fatte nel medioevo per motivi militari sia offensivi che difensivi.

Cercheremo di spiegare questa complessità nel modo più chiaro e semplice possibile, anche se questo non sarà facile (per esempio molti fiumi lungo il proprio percorso cambiano nome anche sei volte).

La cartina seguente, relativa alla zona intorno a Padova, è una dimostrazione di quanto appena detto ed inoltre può aiutane a capire meglio il corso dei fiumi che illustreremo in seguito.

 

File:Canaux-brenta-bacchiglione.jpg

 

 

Bacchiglione

 

File:Ponte Molino, Padua, Italy. Pic 01.jpgIl Bacchiglione è un fiume lungo 118 km, che scorre nelle province di Vicenza e di Padova. Ha un bacino di raccolta che si estende per 1400 km². La portata media del Bacchiglione presso Padova è di circa 30 mc/sec.

Il fiume nasce da alcune risorgive nei comuni di Dueville e di Villaverla (VI), prendendo inizialmente il nome di “Bacchiglioncello”. Poco a monte della città di Vicenza riceve le acque provenienti dal sottobacino del Leogra-Timonchio (che scende dal monte Pasubio) e assume il nome di Bacchiglione.

A Vicenza riceve da destra le acque del fiume Retrone e da sinistra quelle del torrente Astichello e poi del fiume Astico-Tesina.

A Longare, se ne distacca il Canale Bisatto (o “Canale Bisato”):

costruito nel XII secolo da veronesi e vicentini per privare Padova delle acque del fiume, durante le numerose contese dell’epoca (v. cenni storici più avanti), il canale si dirige verso Lozzo Atestino ed Este; prosegue poi verso Monselice (“Canale Este-Monselice”) e poi verso Battaglia Terme (“Canale Battaglia” o “Canale di Monselice”), dove si riunisce al Canale Battaglia, proveniente da Padova. 

Insieme formano il Canale Vigenzone (“Canale Cagnola”) che si dirige verso est fino a ricongiungersi  con il Bacchiglione che esce da Padova con il nome di canale Roncajette, presso Bovolenta. Assieme danno vita al “Canale di Pontelongo”. Questo canale permetteva quindi ai vicentini, deviando le acque del Bacchiclione a Longare (VI), di arrivare a Chioggia senza passare da Padova.

Il Bacchiglione nei pressi di Veggiano riceve da sinistra il Ceresone e poi, poco prima di Padova, riceve le acque del Canale Brentella,  poco prima dell’odierno aeroporto patavino, nei pressi di Brentelle di Sotto.

 

Cenni storici – Nel corso del XII secolo Vicenza chiese alla città di Padova un permesso per transitare lungo il Bacchiglione per poter stabilire una rotta commerciale con il mare, essenziale per il rifornimento di generi di prima necessità. Il permesso venne elargito intorno all’anno 1115 per essere successivamente revocato al pari del permesso di transito per via terrestre. Per ritorsione, i Vicentini nel 1145 deviarono le acque del Bacchiglione nel canale Bisatto con uno sbarramento lungo il corso del fiume presso Longare lasciando quindi Padova all’asciutto. Tale privazione era assolutamente deleteria per la città, essendo l’acqua essenziale per l’azionamento dei mulini, per il rifornimento dell’acqua potabile e per la difesa. Per ritornare in possesso di questo prezioso bene, Padova dovette giocoforza occupare a forza Longare e ripristinare la situazione idrografica naturale, primo passo di una guerra con Vicenza che durò due anni con obiettivo la conquista di Bassano del Grappa, Marostica e Montegalda.

Nel 1147 i vescovi veneti e il patriarca di Venezia intervennero nel conflitto portando le due città rivali alla pace (pace di Fontaniva). Nonostante ciò, per scongiurare altre ritorsioni dei Vicentini ed assicurarsi in maniera definitiva la presenza dell’acqua in città, i cittadini padovani intrapresero la costruzione del canale Piovesella da Noventa Padovana al capoluogo, primo tronco del futuro canale Piovego, portando le acque del Brenta fin sotto alle mura.

Nel 1188 Padova tornò a scontrarsi con Vicenza per tentare nuovamente di conquistare Montegalda con conseguente reazione dei Vicentini che deviarono per la seconda volta le acque del Bacciglione nel Bisatto. Molto probabilmente l’apporto idrico del Piovesella non era sufficiente ai fabbisogni della città, pertanto i Padovani dovettero per la seconda volta fare una sortita su Longare per eliminare la deviazione. Tali scaramucce si susseguirono più volte finché nel 1314 non si decise per la costruzione del Brentella con il quale la questione fu risolta definitivamente.

La costruzione del canale fu un’opera molto imponente; molto probabilmente però non si trattò di una realizzazione interamente ex novo, è facile invece che in alcuni punti si sia riutilizzato, ampliando, un alveo già esistente. Ad opera completata però ci si rese conto che, in caso di piene del Brenta, questo fiume scaricava troppa acqua nel Brentella con conseguenti allagamenti nella zona del Bassanello. Per regolare l’afflusso della corrente nel nuovo canale, Francesco il Vecchio da Carrara ordinò nel 1370 la costruzione a Limena dei Colmelloni, ovvero uno sbarramento mobile antesignano dei moderni sostegni. A protezione di tale manufatto fu eretto sulla riva destra un castello; castello e Colmelloni vennero però distrutti dall’imperatore Massimiliano nel 1509 durante la guerra della Lega di Cambrai.

Nei secoli successivi l’assenza di qualsiasi regolazione comportava numerosi disagi nella parte bassa di Padova con frequenti straripamenti; si dovette aspettare fino al 1775 quando la Repubblica di Venezia pose mano alla ricostruzione dei Colmelloni. Il nuovo sostegno, tuttora esistente, è costituito da due fabbricati posti a ponte sopra al canale; sono provvisti di panconi mobili che, nel caso, possono scendere scorrendo nei gargami per bloccare, parzialmente o totalmente, il flusso d’acqua regolando di conseguenza la portata nel Brentella. Infine si realizzò una briglia fissa, anch’essa tutt’oggi presente, lungo il corso del Brenta qualche centinaio di metri a valle dell’incile del Brentella. Questa briglia fu dotata anche di una conca per la navigazione, abbandonata nel XIX secolo e demolita all’incirca nel 1880.

 

 

Dopo Selvazzano Dentro, il fiume entra canalizzato nell’area urbana di Padova attraversando tutta l’area sud della città da ovest a est.  Dalla località Bassanello si distacca dal fiume Bacchiglione il Canale Battaglia (XII secolo), diretto a sud verso Battaglia Terme, dove si collega con le acque provenienti dal Canale Bisatto (v. sopra).

Il fiume Bacchiglione entra quindi a Padova da sud,  dopo aver ceduto gran parte delle sue acque al Canale Scaricatore (nella seconda metà del XIX secolo, per evitare i danni delle alluvioni , venne costruito il canale Scaricatore che, partendo dalla località Bassanello, permette di riversare le acque in eccesso oltre la città di Padova, in località di Voltabarozzo).

mappa idrografica di PadovaSubito dopo essere entrato a Padova, all’inizio delle mura rinascimentali (al bastione Alicorno), avviene una prima diramazione:

  • il primo ramo costeggia le antiche mura fino a Porta Santa Croce e all’altezza del Ponte Corvo si riunisce con il Naviglio tramite il Canale di Santa Chiara.
  • Il secondo ramo continua verso nord e, alla Specola, si divide in altri due rami principali:

o   il Tronco maestro, che si dirige verso nord e costeggiando le antiche mura medievali, si getta nel Canale Piovego (v. in seguito) presso le Porte Contarine ed il

o   Naviglio Interno che, andando invece verso est, percorre internamente tutto il centro storico medievale per poi congiungersi, tramite Canale di Santa Chiara e il Canale di San Massimo ( tombinato nel secondo dopo guerra sotto l’Ospedale, per poi riemergere dopo l’ex obitorio), al Canale Piovego (v. in seguito). Prima di questo, però, laddove esce dalle mura rinascimentali alla Golena di San Massimo, da esso si diparte il Canale Roncajette, che prosegue in direzione sud-est)

Il Canale Piovego, dopo aver riunificato i due rami principali del fiume, a nord di Padova in località Stanga,  prosegue verso est e, dopo aver raccolto le acque del Canale San Gregorio (ramo del Canale Scaricatore che proviene da sud), raggiunge il fiume Brenta nei pressi di Strà.

 

Il Canale di San Gregorio

All’altezza delle chiuse di Voltabarozzo, il Canale Scaricatore si divide in due rami: uno prosegue verso sud-est, dove si unirà al Canale Roncajette, ripristinando il basso corso del Bacchiglione; l’altro piega verso nord-est, divenendo il Canale di San Gregorio. Dopo aver attraversato la zona della chiesa dell’Internato Ignoto, supera il Canale Roncajette grazie ad una “volta a botte” (che gli permette letteralmente di “saltarlo”), ed in località Camin (sempre comune di Padova) si unisce al Piovego.

 

La prosecuzione del fiume come “canale Roncajette” poi “canale Pontelongo”

Il fiume esce da Padova con il nome di Canale Roncajette e piega a sud-est.

A Bovolenta riceve le acque del canale Vigenzone (o “Canale Cagnola”), provenienti dal Canale Bisatto e dal Canale Battaglia. Prosegue quindi in un alveo canalizzato prendendo anche il nome di canale di Pontelongo e confluisce presso la località “Ca’ Pasqua” nel fiume Brenta .

Il fiume Bacchiglione dopo essersi congiunto con il Brenta si getta, a pochi chilometri, nell’Adriatico, con foce ad estuario.


Brenta

 

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Il Brenta a Bassano del Grappa

 

Regioni interessate: Trentino-A. Adige Veneto

Lunghezza: 174 km

Altitudine sorgente: 450 m s.l.m.

Nasce: Laghi di Levico e Caldonazzo

Affluenti: Moggio, Grigno, Cismon, Valstagna, Oliero, Muson dei Sassi, Canale Piovego, Taglio Nuovo, Bac-chiglione, Gorzone

Sfocia: Mare Adriatico a Chioggia

 

 

Il nome: le popolazioni dei territori attraversati dal fiume lo hanno sempre nominato al femminile. Questo nome indica, nel dialetto trentino e soprattutto in Valsugana, le riserve di acqua che i paesi tenevano in caso di incendi. La storia e i ricordi ancestrali delle terribili alluvioni subite dalle popolazioni del Veneto centrale hanno coniato il termine “Brentana” per alluvione. Il suo nome cimbro è invece Brintaal.

In epoca romana il fiume era individuato come “Medoacus” (secondo una interessante interpretazione “in mezzo a due laghi” ovvero tra i laghi di origine e la zona lacustre delle foci, la laguna), o più probabilmente in riferimento ai due bacini più settentrionali della laguna di Venezia, quando esso seguiva come letto il corso dell’attuale Canal Grande ed ai suoi due lati vi erano i due suddetti bacini non ancora uniti in una laguna intera.

Gli studiosi concordano che prima del 589 il fiume transitasse anche per Padova (Patavium, Patavas, ovvero “abitanti di palude”) più o meno in corrispondenza dell’attuale linea ferroviaria, e qui vi confluisse il sistema di canali padovano.

Di certo durante il Medioevo comparve il termine “Brintesis”, forse dal latino “rumoreggiare”, a ricordo delle diverse inondazioni oppure, e sembra essere prevalente, dal ceppo germanico “Brint” (fontana) o “Brunnen” (scorrere dell’acqua). Questa interpretazione sembra consolidata dall’uso in tante altre parti del Veneto del diminutivo “Brentella” per indicare un piccolo corso d’acqua.

 

Il percorso attuale del fiume

Il profilo geografico del Brenta è così suddividibile, mutuando la descrizione dello storico Andrea Gloria fatta nel 1862:

§  la sorgente: il fiume nasce dai laghi di Levico e di Caldonazzo, Provincia di Trento.

§  la parte montana: il Brenta percorre tutta la Valsugana, attraversando il paese di Borgo Valsugana. A Primolano entra nel Canale di Brenta, transitando per Cismon del Grappa, Valstagna, San Nazario, Campolongo sul Brenta, Solagna, Pove del Grappa e Campese.

§  la“Brenta Superiore”: raggiunta la pianura veneta presso la città di Bassano del Grappa, dove scorre sotto il famoso “Ponte degli alpini” progettato da Andrea Palladio, prosegue il percorso planiziale con struttura meandriforme ed alimenta le falde freatiche di diversi fiumi di risorgiva quali il Sile, il Dese e altri minori. Transita in prossimità di Nove, Cartigliano, Tezze sul Brenta, Fontaniva, Cittadella, Carmignano di Brenta, Grantorto, San Giorgio in Bosco, Piazzola sul Brenta, Campo San Martino, e prosegue con un alveo navigabile per Curtarolo e Vaccarino, tocca Limena, Vigodarzere, Vigonza, Ponte di Brenta, Noventa Padovana ed arriva a Stra, dove, per mezzo di chiuse, inizia il ramo minore della Brenta Vecchia (Naviglio del Brenta) e la Brenta Nuova.

§  la Brenta Vecchia: è il ramo naturale minore, individuato ora anche con il nome di Naviglio del Brenta, ed è composto da tre tronchi : il primo tra Stra, Fiesso d’Artico (l’antico “Flexum”), fino alla chiusa di Dolo; il secondo da Dolo fino alle chiuse di Mira Porte; il terzo da Mira, Oriago per sfociare nella Laguna di Venezia a Fusina, frazione di Venezia. L’insieme urbano, storico e paesaggistico compreso tra Fusina e Stra viene chiamato Riviera del Brenta.

§  la Brenta Nuova o della “Cunetta”: è il ramo principale, opera finale delle diverse diversioni idrauliche degli alvei del fiume compiute in sette secoli di lavoro ed ultimate ai primi anni del 1900. Questo ramo inizia da Stra, prosegue per Vigonovo, Corte di Piove di Sacco, Codevigo, Valli di Chioggia. Le acque del Brenta si intersecano con quelle del Bacchiglione in località Ca’ Pasqua di Chioggia alle quali si aggiungono appena più a valle quelle del Canale Gorzone-Fratta in località Punta Gorzone e del Canal di Valle in località Punta Molin, generando un grosso alveo molto largo; i due fiumi passando per la località di Brondolo di Chioggia, sfociano assieme nel Mar Adriatico presso l’attuale località turistica del Bacucco ovvero Isola Verde, a sud di Chioggia.

§  Taglio Novissimo del Brenta: è il canale di diversione delle acque della Brenta Vecchia, scavato nel 1610, che convoglia le acque del Taglio Nuovo (che proviene da Mirano dove raccoglie le acque del Muson) da Mira Taglio, passando per Porto Menai, Lugo e Lova (frazioni di Campagna Lupia), Valli di Chioggia e sfociando infine nelle valli della Laguna di Venezia a nord di Chioggia. L’argine sinistro del canale, che divide la campagna dalla laguna, è utilizzato dall’attuale Strada Statale 309 Romea.

 

I suoi affluenti sono:

·       il torrente Centa presso Levico

·       il torrente Larganza presso Roncegno

·       il torrente Moggio presso Borgo Valsugana

·       il torrente Ceggio presso Borgo Valsugana

·       il torrente Maso presso Scurelle

·       il torrente Chieppena presso Villa Agnedo

·       il torrente Grigno presso Grigno

·       il torrente Cismon presso Cismon del Grappa

·       il torrente Valstagna di 9,18 km, in prossimità di Valstagna

·       il fiume Oliero a Valstagna

·       il torrente Muson dei Sassi tra Vigodarzere e Cadoneghe

·       il Canale Piovego tra Padova e Stra

·       il Canale Taglio Nuovo (diversione del fiume Muson Vecchio) presso Mira Taglio.

·       il fiume Bacchiglione, a sud di Chioggia, prima della foce

·       il canale Gorzone a sud di Chioggia, prima della foce presso Cà Pasqua

 

I defluenti sono:

·       il Canale Brentella presso Limena, che cede acqua al fiume Bacchiglione

·       il canale della centrale idroelettrica ad acqua fluente di Cà Barzizza (Bassano del Grappa)

 

La storia idrogeologica del fiume

 Il Brenta, con il Piave, è considerato uno dei due fiumi che hanno generato la Laguna di Venezia. Il deflusso delle acque del Brenta, all’uscita dalla sbocco della valle Canale di Brenta, a sud di Bassano del Grappa, hanno interessato nei secoli l’attuale territorio compreso tra il percorso del Bacchiglione e il percorso del Tergola e Musone.

Il Medoacus (che come abbiamo scritto sopra era l’antico nome del Brenta) nell’epoca romana, e fino all’alto Medioevo, proseguiva dopo Bassano, secondo il Baldan, con due percorsi che entravano entrambi a Padova:

§  il ramo destro transitava per Friola, Carmignano, Gazzo, Grossa (frazione di Gazzo), Malspinoso (località di Piazzola sul Brenta), Poiana (località di Campodoro), Lissaro (località di Mestrino), Mestrino, Rubano, Sarmeola (frazione di Rubano) ed entrava in Padova nella zona di Sant’Agostino.

§  il ramo sinistro partiva sempre da Friola, Fontaniva, Carturo, Presina e Tremignon, frazioni di Piazzola sul Brenta, Curtarolo, Limena, Taggi (frazione di Limena), Ponterotto e Montà (località di Padova) entrando nel centro di Padova presso gli Scalzi.

Nel 589 ci fu una terribile alluvione che sconvolse nel Veneto centrale gli alvei di ben quattro fiumi: l’Adige, il Bacchiglione, il Brenta, il Cismon. Uno sconvolgimento tale che il fiume Cismon cambiò addirittura il bacino fluviale passando da quello del Piave a quello del Brenta. L’alluvione spostò in quella occasione le acque del ramo destro del Brenta a Curtarolo per proseguire per Limena, Vigodarzere, Torre (frazione di Padova), Noventa Padovana, abbandonando così la città di Padova, per poi bifocarsi in due nuovi rami a Villatora (frazione di Saonara).

Secondo gli storici Temanza, Gloria e Baldan questi alvei erano individuati come Medoacus Minor e Maior:

§  il Medoacus Minor, scendeva, secondo il Gloria attraverso Camino (Camin, frazione di Padova, vicina a Villatora), Saonara, Legnaro del Vescovo, Arzarello (frazione di Piove di Sacco), Arzergrande, Vallonga (frazione di Arzergrande), Rosara (frazione di Codevigo) non lungi da Corte (frazione di Piove di Sacco), fino alla laguna, (nell’area del presidio militare di Venezia della Torre delle Bebbe), quasi dirimpetto a Portosecco, (nell’isola veneziana di Pelestrina); ramo che venne successivamente deviato al Porto di Brondolo, posto a sud di Chioggia nel secolo quinto.”

§  Il Medoacus Major proseguiva per Stra e Fiesso d’Artico. A Fiesso c’era una nuova biforcazione:

o il ramo principale proseguiva per i territori di Paluello (frazione di Strà), Sambruson (frazione di Dolo), e Lugo di Campagna Lupia e sfociava in laguna di fronte al porto di Malamocco.

o il ramo minore (con portate d’acqua insignificanti) continuava per Dolo, Mira, Oriago, Fusina, ovvero il percorso della Brenta Vecchia (l’attuale Naviglio del Brenta che scorre nella famosa Riviera del Brenta). In alcuni altri documenti questo ramo minore è stato definito nei secoli anche con il nome di Una e Praealtum.

 

Contesa del Brenta tra Padova e Venezia

Nel Medioevo era fondamentale il controllo dei percorsi fluviali. Per questo motivo il Brenta fu il principale oggetto delle battaglie tra le città di Padova e di Venezia perché, a causa del delta del fiume, i territori sotto il controllo della Serenissima non erano ben definiti e accettati.

Padova, dal canto suo, per contenere le esondazioni nell’area urbana aveva innalzato delle poderose arginature del fiume presso l’antico Vicus Aggeris (Vigodarzere) tanto grandi da sorprendere Dante Alighieri in viaggio come ambasciatore dei Da Polenta, signori di Ravenna.

 

« E quale i padovan lungo la Brenta

per difender lor ville e lor castelli

anzi che Chiarantana il caldo senta […]

a tale immagin eran fatti quelli

tutto ché né sì alti né sì grossi

qual che si fosse lo maestro felli »

(Inferno, canto XV)

 

Il Canale Piovego

Nel 1139 i Vicentini, in guerra con Padova, scavarono il Canale Bisato per privare l’acqua di difesa alla città di Padova (le acque tornarono alla normalità solo con la pace di Fontaniva, nel 1209); la risposta della Repubblica di Padova fu quella di garantirsi l’acqua di difesa escavando il canale Piovego, congiungendo così la città con il Brenta nella zona di Stra.

 

La Brentasecca

Nel XII secolo, durante la guerra di Padova contro Venezia, esisteva ancora il vecchio alveo del Medeoacus Major chiamato anche Brentasecca che collegava Dolo via Sambruson, a Lugo di Campagna Lupia. I padovani cercarono di riattivarlo per ridurre il percorso tra la laguna e Padova e per non pagare le gabelle poste da Venezia alle foci con il presidio della Torre delle Bebbe, oltre che per aggirare lo strapotere dei frati dell’Abbazia Sant’Ilario di Venezia.

Padova, vista la necessità di far presto e in mancanza di mezzi adatti per eseguire la notevole opera idraulica incisero, durante un periodo di scontri militari, gli argini del fiume provocando una paurosa inondazione con il ripristino delle zone acquitrinose e malariche sui terreni del delta già bonificati. L’intervento fu così grave che per far fronte a questa situazione i frati furono costretti ad andar via dall’Abbazia e costruire un nuovo castello a Gambarare di Mira.

 

Venezia e le acque del Brenta

I primi documenti dell’interesse della Repubblica di Venezia per i problemi del controllo delle foci del Brenta sono del 1299. Nel 1330 lo storico veneziano Alvise Cornaro definì il problema del governo delle acque del delta del Brenta (insalubrità, sedimentazioni, alluvioni) come “questa mala visìna” (questa cattiva vicina) che la Signoria doveva, secondo la sua opinione, “portarla un poco in là”.

 

La “tajada”

Nel tempo i veneziani constatarono diverse modificazioni dei percorsi dei fiumi, dei rii, delle loro foci e dei canali della laguna. Ad esempio il canale dell’Orfano rimase invaso di melme da renderlo impraticabile tanto che nel 1336 fu necessario scavarlo.

Le preoccupazioni dei governanti della Serenissima furono tali che decisero di bloccare le acque di qualsiasi fiume che sfociasse dentro alla laguna facendo costruire un terrapieno parallelo alla terraferma con l’obiettivo di deviare le acque della foce della Brenta Vecchia di Fusina verso la laguna di Malamocco. Quest’opera, decisa il 16 febbraio 1330 fu chiamata “la tajada” (la tagliata) e fu ultimata nel 1339. Il terrapieno venne chiamato “argine di intestadura”. Questo argine, fatto a circa 40 metri dal limite della laguna, fece confluire tutte le acque dei vari fiumi noti con i nomi di: Brenta Vecchia, Volpadego, Tergola, Clarino, Avesa, Laroncelo, Virgilio, Uxor (Lusore), Musone, Una, Bottenigo, Lenzina in un canale chiamato Brenta Resta d’Aglio. Il suo letto percorreva, partendo da Mestre, le attuali vie Brentavecchia, Cappuccina, Dante, Fratelli Bandiera, raccogliendo quindi tutte le acque che passavano per i Bottenighi, per farle sfociare a Malcontenta. L’inesperienza idraulica del tentativo provocò l’aumento della sedimentazione delle vecchie foci e un aumento della intestatura con la conseguenza di allagamenti nei territori di Oriago, Gambarare, e Bottenighi. Alla fine per dare sfogo alla pressione fu aperto uno scarico verso la laguna sul canale Visigone. Fu tombato e sostituito da condotte fognarie nel ventesimo secolo in concomitanza con la costruzione della zona industriale di Porto Marghera. Aspre polemiche ha suscitato nel 2009 il cedimento del terreno nei pressi della stazione ferroviaria di Mestre dove si stava scavando un sottopassaggio per il nuovo tram, causato dall’ignoranza da parte degli organi competenti che il tracciato seguito dallo scavo corripondeva al vecchio letto del canale (quindi suscettibile di instabilità geologica e idraulica).

 

La Brenta Nova

Tra il 1488 e 1507 la Repubblica Serenissima effettuò una ulteriore diversione del fiume Brenta Vecchia. L’opera, che partiva dalle chiuse di Dolo si dirigeva verso Sambruson, Calcroci di Camponogara, Campagna Lupia, Bojon di Campolongo Maggiore, Corte di Piove di Sacco e proseguiva fino a Codevigo, chiamata “Brentone” o “Brenta Nova”, portò ad esiti discutibili nei confronti dell’equilibrio idrografico del territorio. Di quello sforzo di irreggimentazione delle acque della Brenta Vecchia rimane ora soltanto l’argine sinistro, utilizzato da una strada, vecchio percorso della SS16.

 

Il Taglio Nuovissimo del Brenta

 

File:Nuovissimo.jpgL’imboccatura del canale Novissimo a Mira Taglio

 

Nel 1605, dopo i fallimenti precedenti per governare le acque della “mala visìna” di Venezia, il Senato approvò, nel contesto delle decisioni assunte con la istituzione delle Prese del Brenta, un nuovo progetto di diversione della Brenta Vecchia, quello di Gianluigi Gallesi.

Il nuovo canale, chiamato Taglio Nuovissimo del Brenta, per distinguerlo dal vicino e contemporaneo Taglio Nuovo del Muson Vecchio, incanala le acque, ora come allora, della Brenta Vecchia da Mira Taglio in direzione di Porto Menai per proseguire in modo rettilineo, per circa 20 km, fino al Passo della Fogolana. Attualmente il canale transita vicino a Conche per sfociare in Laguna di Venezia in località Valli, quasi di fronte al porto di Chioggia. L’argine sinistro del canale, che divide la campagna dalla laguna, è utilizzato dall’attuale Strada Statale 309 Romea.

 

File:Wiki 1610 Taglio Nuovissimo Brenta.jpg

 

Invece, nel 1610, (come si può vedere dalla mappa dello storico Bernardino Zendrini a fianco), il tracciato continuava fino a sfociare a sud di Chioggia, nella zona della attuale foce della Brenta detta della “Cunetta”.

 

Dopo il completamento di quest’opera, inaugurata nel 1612, la Repubblica di Venezia definì i primi provvedimenti per la gestione pubblica delle valli della propria laguna. Per questo motivo lungo tutto l’argine di questo canale furono posizionati dal Magistrato alle Acque una sequenza di cippi segna confini per segnalare la conterminazione lagunare.

 

Le “Prese” della Brenta

 

Nel XVI secolo a seguito dei lavori di chiusura e di deviazione delle foci dei fiumi in laguna tutti i territori dell’entroterra subirono disastrose alluvioni. Per rispondere alle proteste delle popolazioni il Senato Veneto delibera il 23 giugno 1604, in previsione dell’esecuzione del Canale Taglio Nuovissimo, istituisce le “Sette Prese”.

 

Le “Prese del Brenta” erano dei consorzi pubblici e obbligatori che dovevano coordinare le attività, le opere, e il deflusso di tutte le acque degli scoli delle campagne in un unico sistema idraulico. Le Prese sono state le antesignane dei moderni Consorzi di Bonifica. Per questo nella Regione del Veneto gli attuali Consorzi si richiamano, nelle definizioni e nelle aree amministrate, alle vecchie “Prese”.

 

Le “Prese” associavano i proprietari dei beni rustici di un territorio che dovevano riunirsi per l’elezione di tre presidenti. La gestione delle Prese era fatta dai presidenti che si avvalevano di appositi funzionari ed esattori per accertare i beni ed incamerare gli oneri sulle proprietà fondiarie, chiamati “campatici”, da campo.

 

Nella definizione dei confini dei singoli bacini idraulici fu adottato il principio che le acque dovevano scolare, secondo i Savi delle Acque, nel nuovo canale Taglio Nuovo di Mirano del fiume Muson Vecchio e nel Taglio Novissimo del Brenta anziché nell’alveo della vecchia Brentasecca.


Agno, Guà, Frassine, Brancaglia, Santa Caterina, Gorzone Il fiume dai 6 nomi

Denominazioni

Agno dalla sorgente alla frazione Tezze di Arzignano.

Guà dalla frazione Tezze di Arzignano a Roveredo di Guà.

Frassine da Roveredo di Guà fino Brancaglia (località vicino ad Este).

Canale Brancaglia da Brancaglia a Prà d’Este.

Santa Caterina da Prà d’Este a Vighizzolo d’Este.

• Nei pressi di Vighizzolo d’Este, sfocia nel Fratta che però ha mutato denominazione in Gorzone

 

L’Agno è un fiume che nasce nelle Prealpi venete, più precisamente nelle Piccole Dolomiti, nella zona del Gruppo della Carega denominata Rotolon (zona particolarmente franosa a causa della falsa sotterranea che assume per questo il nome di Rotolon.). l’Agno percorre approssimativamente 25 Km. e ha carattere torrentizio per il forte dislivello (circa 440 metri). Da Tezze in giù, anche nelle carte topografiche, viene disegnato come fiume, non tanto per una maggiore portata d’acqua, quanto piuttosto per il diverso carattere del suo corso: acque calme, in un alveo di lieve pendenza. Lungo tutto l’alto corso, poi, fino a Trissino, è un susseguirsi frequente di corsi d’acqua confluenti nell’Agno, di cui tre sulla destra sono degni di menzione: il Torrazzo, il Grangaro e il Rio. Sempre sulla destra, dopo Trissino, si gettano due torrenti : l’Arpega e il Rèstena, che trasportano molto materiale solido, ricco di principi fertilizzanti. Le acque, infatti, dilavano rocce di natura basaltica. A metà percorso, fra Trissino e Tezze, nel tratto cioè dove si notano frequenti salti d’acqua, atti a frenare la velocità e dove appaiono ancora evidenti i rovinosi straripamenti avvenuti in passato, il torrente Agno cambia nome e anche qualifica.

E’ a Tezze, alla confluenza con il Rèstena, che muta il nome in Guà, che conserva fino al Frassine. Di qui incomincia anche il corso medio e, sempre da qui, hanno inizio le arginature di seconda categoria .Il Guà, proseguendo la sua via, passa per Lonigo, quindi serrato fra alti argini erbosi, procede verso Cologna Veneta, entra nella Provincia di Verona fra Bagnolo e Zimella, bagna Cologna Veneta (nei pressi di Cologna Veneta, il Guà è collegato artificialmente al fiume Fratta, attraverso il LEB, che porta acque provenienti dal fiume Adige), poi scorre per Roveredo e giunge nella località, detta Fràssine, in Provincia di Padova.

Da questa località assume il nome di Fràssine, così detto per la sua sinuosità (fractus sinus). Con il nuovo nome si dirige alla volta di Este e nei pressi di questa città riceve il Ronego, grande collettore delle acque di scolo della pianura, che si stende fra le pendici meridionali dei Berici e la sinistra del Frassine.

Nei pressi di Este, un manufatto mette in comunicazione il Frassine con il Bisatto, il canale di Este. Muta ancora nome presso questo manufatto, in località Brancaglia.

II Frassine forma pertanto il canale di Brancaglia. Così si chiama il fiume per circa cinque chilometri. Il canale di Brancaglia serve da convogliatore di tutte le acque (prevalentemente di scolo) della pianura, compresa fra i fiumi Adige e Bacchiglione.

A Prà d’Este, poi, il Canale di Brancaglia prende il nome di Santa Caterina. Con questo nome prosegue per Vighizzolo d’Este, soprapassa il fiume Fratta-Gorzone, mediante la botte denominata Tre Canne. Da questo manufatto il Santa Caterina (già Canal di Vighizuolo) descrive un’ampia curva verso levante (antico Canal de la Pase) e con un decorso sinuoso, tenendosi ad una certa distanza dal Gorzone, attraversa il territorio di Sant’Urbano, sfociando infine nel Gorzone, in località I Livelli presso Vescovana.

 

Il Gorzone è un canale originato dalla Fratta. Ora, con questo nome si comprendono i vari tratti scavati per contenere le acque della Lovara: Canal de la Pezza, Canal Nuovo della Pezza, Canale Zen, Gorzone (propriamente detto,  scavato nel 1572 dai Veneziani inizialmente dal Taglio di Anguillara al Brondolo), per scaricare le acque della Fossa Lovara nel lago della Griguola. 

altIl nostro fiume dai molteplici nomi, dopo essersi gettato nel Gorzone, continua la sua corsa verso il mare Adriatico. Passa per Stanghella ed Anguillara, corre vicinissimo all’Adige, toccando Pettorazza e Cavarzere, sbocca, quindi, nel tratto terminale del Brenta, in prossimità di Brondolo, frazione di Chioggia.

Così dopo 157 chilometri, il fiume termina la sua corsa, facendoci vedere una vasta area del Veneto, dalla zona prealpina al mare, ricca di svariate ricchezze e tutta molto fertile.

Il fiume attraversa quindi le province di Vicenza, Verona, Padova e Venezia.

Il canale Gorzone in località Prejon

 

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